Thursday Dec 26

RigsbeeDavid David Rigsbee is author of, most recently, This Much I Can Tell You and Not Alone in My Dancing:  Essays and Reviews, both from Black Lawrence Press. A Pushcart Prize winner, as well as recipient of two literature fellowships from the National Endowment for the Arts, he is also recipient of fellowships to The American Academy in Rome from the National Endowment for the Humanities, The Fine Arts Work Center in Provincetown, The Virginia Commission on the Arts, The Djerassi Foundation, and the Academy of American Poets. In addition to his eleven collections of poems, he has published critical books on the poetry of Joseph Brodsky and Carolyn Kizer and coedited Invited Guest: An Anthology of Twentieth Century Southern Poetry.  Dante: The Paradiso will appear from Salmon Poetry in 2019.
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Dante Paradiso Canto XXIV

"O sodalizio eletto a la gran cena
del benedetto Agnello, il qual vi ciba
sì, che la vostra voglia è sempre piena,

se per grazia di Dio questi preliba
di quel che cade de la vostra mensa,
prima che morte tempo li prescriba,

ponete mente a l'affezione immensa
e roratelo alquanto: voi bevete
sempre del fonte onde vien quel ch'ei pensa».

Così Beatrice; e quelle anime liete
si fero spere sopra fissi poli,
fiammando, a volte, a guisa di comete.

E come cerchi in tempra d'orïuoli
si giran sì, che 'l primo a chi pon mente
quïeto pare, e l'ultimo che voli;

così quelle carole, differente-
mente danzando, de la sua ricchezza
mi facieno stimar, veloci e lente.

Di quella ch'io notai di più carezza
vid' ïo uscire un foco sì felice,
che nullo vi lasciò di più chiarezza;

e tre fïate intorno di Beatrice
si volse con un canto tanto divo,
che la mia fantasia nol mi ridice.

Però salta la penna e non lo scrivo:
ché l'imagine nostra a cotai pieghe,
non che 'l parlare, è troppo color vivo.

"O santa suora mia che sì ne prieghe
divota, per lo tuo ardente affetto
da quella bella spera mi disleghe».

Poscia fermato, il foco benedetto
a la mia donna dirizzò lo spiro,
che favellò così com' i' ho detto.

Ed ella: "O luce etterna del gran viro
a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,
ch'ei portò giù, di questo gaudio miro,

tenta costui di punti lievi e gravi,
come ti piace, intorno de la fede,
per la qual tu su per lo mare andavi.

S'elli ama bene e bene spera e crede,
non t'è occulto, perché 'l viso hai quivi
dov' ogne cosa dipinta si vede;

ma perché questo regno ha fatto civi
per la verace fede, a glorïarla,
di lei parlare è ben ch'a lui arrivi».

Sì come il baccialier s'arma e non parla
fin che 'l maestro la question propone,
per approvarla, non per terminarla,

così m'armava io d'ogne ragione
mentre ch'ella dicea, per esser presto
a tal querente e a tal professione.

"Dì, buon Cristiano, fatti manifesto:
fede che è?». Ond' io levai la fronte
in quella luce onde spirava questo;

poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte
sembianze femmi perch' ïo spandessi
l'acqua di fuor del mio interno fonte.

"La Grazia che mi dà ch'io mi confessi»,
comincia' io, "da l'alto primipilo,
faccia li miei concetti bene espressi».

E seguitai: "Come 'l verace stilo
ne scrisse, padre, del tuo caro frate
che mise teco Roma nel buon filo,

fede è sustanza di cose sperate
e argomento de le non parventi;
e questa pare a me sua quiditate».

Allora udi': "Dirittamente senti,
se bene intendi perché la ripuose
tra le sustanze, e poi tra li argomenti».

E io appresso: "Le profonde cose
che mi largiscon qui la lor parvenza,
a li occhi di là giù son sì ascose,

che l'esser loro v'è in sola credenza,
sopra la qual si fonda l'alta spene;
e però di sustanza prende intenza.

E da questa credenza ci convene
silogizzar, sanz' avere altra vista:
però intenza d'argomento tene».

Allora udi': "Se quantunque s'acquista
giù per dottrina, fosse così 'nteso,
non lì avria loco ingegno di sofista».

Così spirò di quello amore acceso;
indi soggiunse: "Assai bene è trascorsa
d'esta moneta già la lega e 'l peso;

ma dimmi se tu l'hai ne la tua borsa».
Ond' io: "Sì ho, sì lucida e sì tonda,
che nel suo conio nulla mi s'inforsa».

Appresso uscì de la luce profonda
che lì splendeva: "Questa cara gioia
sopra la quale ogne virtù si fonda,

onde ti venne?». E io: "La larga ploia
de lo Spirito Santo, ch'è diffusa
in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia,

è silogismo che la m'ha conchiusa
acutamente sì, che 'nverso d'ella
ogne dimostrazion mi pare ottusa».

Io udi' poi: "L'antica e la novella
proposizion che così ti conchiude,
perché l'hai tu per divina favella?».

E io: "La prova che 'l ver mi dischiude,
son l'opere seguite, a che natura
non scalda ferro mai né batte incude».

Risposto fummi: "Dì, chi t'assicura
che quell' opere fosser? Quel medesmo
che vuol provarsi, non altri, il ti giura».

"Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo»,
diss' io, "sanza miracoli, quest' uno
è tal, che li altri non sono il centesmo:

ché tu intrasti povero e digiuno
in campo, a seminar la buona pianta
che fu già vite e ora è fatta pruno».

Finito questo, l'alta corte santa
risonò per le spere un `Dio laudamo'
ne la melode che là sù si canta.

E quel baron che sì di ramo in ramo,
essaminando, già tratto m'avea,
che a l'ultime fronde appressavamo,

ricominciò: "La Grazia, che donnea
con la tua mente, la bocca t'aperse
infino a qui come aprir si dovea,

sì ch'io approvo ciò che fuori emerse;
ma or convien espremer quel che credi,
e onde a la credenza tua s'offerse».

"O santo padre, e spirito che vedi
ciò che credesti sì, che tu vincesti
ver' lo sepulcro più giovani piedi»,

comincia' io, "tu vuo' ch'io manifesti
la forma qui del pronto creder mio,
e anche la cagion di lui chiedesti.

E io rispondo: Io credo in uno Dio
solo ed etterno, che tutto 'l ciel move,
non moto, con amore e con disio;

e a tal creder non ho io pur prove
fisice e metafisice, ma dalmi
anche la verità che quinci piove

per Moïsè, per profeti e per salmi,
per l'Evangelio e per voi che scriveste
poi che l'ardente Spirto vi fé almi;

e credo in tre persone etterne, e queste
credo una essenza sì una e sì trina,
che soffera congiunto `sono' ed `este'.

De la profonda condizion divina
ch'io tocco mo, la mente mi sigilla
più volte l'evangelica dottrina.

Quest' è 'l principio, quest' è la favilla
che si dilata in fiamma poi vivace,
e come stella in cielo in me scintilla».

Come 'l segnor ch'ascolta quel che i piace,
da indi abbraccia il servo, gratulando
per la novella, tosto ch'el si tace;

così, benedicendomi cantando,
tre volte cinse me, sì com' io tacqui,
l'appostolico lume al cui comando

io avea detto: sì nel dir li piacqui!

 
Dante Paradiso Canto XXIV
translated by David Rigsbee
 
[The souls dance joyously, and St. Peter comes forth. Beatrice asks him to test Dante’s faith. Dante’s answers earn him Peter’s approbation.]

     "O you company chosen for the great
supper of the blessed lamb, who feeds you
so that your desire is always fulfilled,

     if by the Grace of God this man should
have a foretaste of what falls from your table                                               
before time prescribes his death, turn
 
     your mind to his immense longing
and quench him a little, you who drink
forever from that source his thought seeks."
 
     Thus Beatrice; and those souls began                              
turning in circles around fixed poles
and streaked by as if comets.
 
     And as with clocks, when the large
wheel revolves slowly, seemingly still, while
the smaller one, by contrast, flies,                                                     

     so those wheeling dancers, stepping
differently, now fast, now slow, revealed
to me the measure of their riches.
 
     From the sphere I registered most
beautiful, I saw a fire come forth so                                                  
radiant that it outshone all the others.

     That flame turned around Beatrice
three times singing such a divine song
that my imagination can’t repeat it.

     My pen skips, and I don’t write:                                                   
the imagination, to say nothing of talk,
cannot paint such bright folds.
 
            O my holy sister, so devoted
in prayer, the love that burns in you
draws me forth from that beautiful sphere.                                        

            At that point, having stopped,
the blessed fire directed its breath toward
my Lady, and this I have set down exactly.

            And she: “O eternal light of that
great one whom our Lord brought down                                           
and left the keys to this miraculous joy,
 
            test this man on points mild
or grave, as you will, about the faith
by which you walked on the sea.
 
            If he truly has love, hope and faith,                                       
it will not be hidden because you see
where everything appears as it really is.
 
            But since this realm was made
by citizens of the True Faith, it is right
that he should glorify it by speaking of it.”                                   
 
            And just as a bachelor arms himself
and does not speak until the master sets
the question to examine, not to solve,

            so while she spoke I armed
myself with arguments, preparing to meet                                        
such a questioner and profession.
 
            “Speak, good Christian, show
your worth: Faith? What is it?” I raised
my brows to the light that breathed this.
 
            Then I turned to Beatrice, and her                                         
look prompted me to pour forth
the waters from the depth of my soul.

            So I: “May the Grace that gives
me power to confess to the Great Centurion
make my thoughts well expressed.”                                                  

            And more: “As the truthful pen
of your dear brother wrote, father, who, with
you, put Rome onto the path of righteousness,
 
            Faith is the substance of hoped-for
things and evidence of things unseen:                                               
this appears to me to be its essence.”
 
            Then I heard, “You understand correctly,
if you understand that he put faith first
as substance, and then as evidence.”
 
            And I: “The deep things I attest                                           
to here in their appearance are hidden
to my eyes down below and their being
 
            there lies in belief alone,
and belief is founded on high hope
and takes on the nature of a substance.                                           
 
            From this belief we reason
with syllogisms, being unable to see more;
thus by nature it partakes of argument.”
 
            And then I heard: “If everything
we learned below were understood so well                                       
there would be no room for the sophist.”
 
            The burning love breathed these words,
then added, “Now this coin is appraised;
we know its composition and weight.
 
            But tell me if you have it in your bag.                                    
Then I: “Yes, it’s so round and shining,
nothing in its minting leaves me in doubt.”
 
            Then from its bright depths there
issued a light that said, “This precious jewel
on which all other virtues are founded:                                          
 
            how did you happen to acquire it?
I answered, “The great stream pouring
from the Holy Spirit on ancient and new
 
            reasons so conclusively that all
other demonstration seems at once,                                                   
by comparison, obtuse to me.”

            Then I heard, “The ancient and new
propositions that are so conclusive to you—
how do you know they are divine?”

            And I: “The proof to me comes                                            
in the works that followed, for nature
cannot forge such iron on its anvil.”

            Then the reply, “Who assures you that
these truths are real? Whatever presents itself                                 
as proof still needs to prove itself, not others.”                                 
 
            If the world turned to Christianity,”
I said, “without miracles, then that would be
a miracle a hundred times greater than any.
 
            For you entered poor and starving
in the field to sow the good plant that was                                        
a vine once, but has now become a thorn.”
 
            When this was finished, the spheres
resounded with “Te Deum Laudamus,” sung
in a melody heard only there above.
 
            And that Baron, who had already                                          
led me from branch to branch in examination
as we were approaching the last leaves
 
            recommenced, “By the Grace whose
love speaks with your mind—and until now
as it should, through your open mouth—                                              
 
            I do approve of what has emerged.
But now you must express what you believe
and then say the source of your faith.”
 
            And I say, “I believe in One God,
everlasting, who moves all the worlds, though                                 
He is motionless, through love and desire.
 
            And for such faith not only do I
have proofs both physical and metaphysical,
but also the truth that rains down on that place
 
            through Moses, the Prophets, the Psalms,                                    
through the Gospel, and through you, who wrote
when you were sanctified by the Holy Spirit.

            And I believe in three Eternal
Persons, and these I believe one essence,
hence one and triune, both “is” and “are.”                                        

            The deep and divine conditions
I touch upon here have often stamped
my mind with the evangelical doctrine.

            This is the principle, the spark
that grows into a living flame and then,                                            
like a star in heaven, the light is in me.

            Then, like a lord who approves of
what he hears from a servant and grateful
for the good news, embraces him,
 
            the apostolic light at whose command                                               
I had spoken when formerly silent, sang
benedictions and encircled me three times,
 
                                   such was his delight in my speaking.